Venerdì 9 febbraio 2018

1Re 11,29-32; Sal 31; Mc 7,31-37

In quel tempo,Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Come ci sarebbe bisogno anche oggi di questo miracolo di Gesù. Non perché ci siano tanti sordi e muti nel corpo, ma perché spesso udiamo, ma non sappiamo ascoltare e comunichiamo, ma non sappiamo parlare. L’ascolto dell’altro, l’ascolto di Dio sono alla base di ciò che poi faremo nella nostra vita e sono già un’opera di bene di per sé. Dare valore alle parole e alla comunicazione è anche questo un gesto rivoluzionario: quanta gente non dà più peso alla parola e la usa solo per ottenere ciò che vuole.

Un pensiero per riflettere: Ed oggi ancora, Signore, pronunzia quella parola: “Effatà, àpriti!” di fronte a ciascuno di noi. Apri le nostre orecchie affinché non siamo sordi agli appelli del nostro prossimo, amico o traditore che sia, e della tua voce nella coscienza, piacevole o antipatica che sia.

Apri le nostre bocche perché possa sgorgare sincera la voce dell’affetto e della stima, ferma e convinta, quella che difende la giustizia e la pace.
Apri le nostre mani affinché restino pulite nella nostra professione, leste e operative nelle nostre attività, capaci di stringere le mani di tutti, indipendentemente dal loro colore e calore.
Apri i nostri cuori affinché vibrino all’unisono col tuo, vivendo emozioni che conducono a scelte concrete e sentimenti che resistono alla corsa del tempo e dei tempi. (Pierfortunato Raimondo)