n. 105 del 5 Aprile 2020

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Cari amici di Mussotto, Piana Biglini e Scaparoni,
è proprio il caso di affermare: l’imprevedibile, quello che pensi non possa mai succedere, inaspettatamente accade.

La quaresima è stata praticamente annullata. L’imposizione delle Ceneri la prima Domenica di questo periodo così importante nel preparare la Pasqua del Signore, ancora l’Eucaristia la seconda Domenica e poi le Chiese aperte ma chiuse ai vari incontri di preghiera, in particolare la celebrazione della Messa.

Si dice: non tutto il male vien per nuocere, e in questa affermazione c’è del vero: senza la sollecitudine ed il richiamo costante dei parroci, cosa ho fatto di concreto come: preghiera, digiuno ed elemosina?

Ognuno di noi tiri le sue conclusioni nel silenzio della sua coscienza, dove la voce di Dio risuona, non ci giudica ma ci sollecita ad una fede più autentica.

Ma ora non sprechiamo altre parole e disponiamoci alla celebrazione della Settimana Santa, centro della nostra fede.

Nel catechismo tradizionale, prima del Concilio, siamo nel 1960, noi ragazzi studiavamo a memoria i 5 precetti generali della Chiesa, e tra questi: “confessarsi almeno una volta all’anno e comunicarsi a Pasqua”. Ed era messo in pratica. Torre Bormida mio paese d’origine, contava allora 670 abitanti ed il parroco mi disse: solo 7 non hanno fatto Pasqua!.

Oggi il Mussotto ha 3200 residenti, di cui 700 non sono italiani, ma quanti sono quelli che mettono in pratica questo precetto? Temo che non raggiungiamo il numero del mio paese!.

Ma una domanda si impone: possiamo ancora chiamarci cristiani senza celebrare la Pasqua?

Il filosofo Benedetto Croce affermava: “Noi italiani, non possiamo definirci non cristiani”, inteso come tradizioni, usi e costumi.

Scriveva questo nel 1950, oggi credo non lo farebbe più.

Conclusione: siamo minoranza, ma questo non ci deve spaventare. Gesù lo ha affermato con chiarezza: “Non temere piccolo gregge….E quando annuncia la sua passione, morte e resurrezione, inizia con parole chiare: “Se qualcuno vuole venire dietro di me, prenda la sua croce”.

E S.Giovanni della croce, mistico spagnolo, afferma: “In Dio si entra solo attraverso la croce”.

Sono rimasto impressionato dalle parole di un psicologo: “ L’uomo di oggi si è liberato dalla paura ma è caduto nell’angoscia”.

Ritengo attuale  questa affermazione: nell’inconscio di ogni persona rimane l’inquietudine di cui parla S.Agostino: “ ci hai creati per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in te”.

Sono sempre stato disturbato dalle discussioni sorte per il ritocco del Padre nostro e le polemiche che ne sono seguite: Non ci indurre oppure non abbandonarci alla tentazione.

E’ un perditempo, è un sviare la nostra attenzione dal centro della nostra fede. L’apostolo Paolo lo richiama con forza alla comunità di Corinto, divisa al suo interno per dispute inutili e dannose.

“Noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani. Ma per i chiamati, sia Giudei sia Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Poiché la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini”.

Qui è il cuore della nostra fede.

Con Paolo, l’Evangelista Giovanni è quello che meglio ha compreso questa verità. Per lui il Venerdì Santo è il vertice della vita di Cristo.

In quel gesto d’amore così inconcepibile alla nostra ragione, è racchiuso il mistero di un Dio che è amore. L’evento della risurrezione è già presente sul Calvario, perché più forte della morte è l’Amore; ed il dono del suo Spirito avviene già in quell’Ora: “Effuse il suo Spirito”. La Chiesa nasce dall’acqua e dal sangue che sgorga dal suo cuore, trafitto dalla lancia del soldato.(In quel costato aperto, la Chiesa vi coglie in simbolo i due sacramenti principali: Battesimo ed Eucaristia). Solo la Mamma, il discepolo amato e  un piccolo gruppo di donne sono presenti:  hanno creduto all’Amore.

Questa è la Pasqua del Signore, memoriale del suo Amore per noi che non viene mai meno e si rinnova di generazione in generazione.

Con grande intelligenza e fede, la tradizione cristiana, ci aiuta a viverlo in tre giorni, che sono intimamente uniti tra loro:

GIOVEDI SANTO, memoriale dell‘Ultima Cena, che continua in ogni Eucarestia, in obbedienza alla sua parola: “Fate questo in memoria di me”, perché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete questo calice voi annunciate la mia morte e resurrezione”. E’ la perla preziosa della parabole di Matteo

VENERDI SANTO, memoriale della morte del Signore. E’ il giorno in cui il credente, la comunità chiede perdono al Signore per le sue infedeltà al comandamento dell’amore.

SOLENNE VEGLIA PASQUALE, la comunità è raccolta in preghiera in attesa del grande evento della resurrezione del Signore, che pone fine al potere della morte e apre i nostri cuori alla speranza della vita eterna.

Questa è la nostra fede, tutte le altre verità del Credo sono tali nella misura che sono ad esse collegate.

E’ fuorviante il detto: Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi. No, amici, Pasqua va vissuta con la comunità per essere fedeli alla Grande Tradizione, sia della Pasqua Ebraica che a quella Cristiana, che in Cristo ne è il compimento.

Don Franco