n.95 del 20 marzo 2018

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LETTERA DEL PARROCO

Cari amici di Mussotto,
la lettera che vi scrivo prime delle feste più importanti della nostra fede, è
per me prima che per voi, ricerca e verifica della sequela di Cristo; Pasqua
lo è in modo del tutto particolare, perché la morte in croce del figlio di Dio
non ci può lasciare indifferenti.
Desidero partire dalla preghiera di Gesù nell’orto degli Ulivi, prima di
affrontare il terribile supplizio della sua passione: “ Padre, se è possibile, passi da me questo
calice, ma non la mia ma la tua volontà sia fatta”. Luca afferma che il Padre mandò un angelo a
confortarlo, mentre Matteo e Marco, parlano del silenzio del Padre, fino al grido straziante della
morte: “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”?
Davanti ad un evento così sconvolgente, l’Apostolo Paolo ci avverte: solo la fede lo può
accogliere.
Ad Atene, lui aveva cercato un confronto con i detentori della cultura Greca; confronto finito
con un sorriso di “compassione”,da parte dei filosofi Ateniesi, come ci riporta il libro degli Atti
al cap.17.
Sceso a Corinto, scrisse quelle parole così precise: “Mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci
cercano la sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza
per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e
sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapienza degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini”. (1Cor. 1, 23).
DAL DIARIO DI ETTY HILLESUM.
Mi affido per questa riflessione augurio per la Pasqua, alle parole di Etty Hillesum, tratte dal
diario scritto tra il 1941-1943, prima di morire nel campo di concentramento di Auschwitz.
Pensate: il suo diario venne pubblicato solo nel 1981 ed ebbe un successo enorme in Europa,
meno in Italia, forse per la sua vita disordinata sotto il profilo dell’etica cattolica.
Avevo comperato il suo diario, ma rimase nascosto tra i libri che possiedo, finchè nell’estate
scorso la voce dello Spirito me lo mise sotto gli occhi e cominciai la sua lettura.
Vi confesso che è un testo che mi ha fatto riflettere molto, comunicandomi gioia e speranza, che
sono in fondo le due caratteristiche di questo diario, scritto durante la tragedia della Shòah
(significa catastrofe e si riferisce alla morte di 6 milioni di Ebrei nei campi di concentramento).
Gioia e speranza che hanno in Dio un fondamento solido.
“ Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se
stesso- se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo,
se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in
amore se non è chiedere troppo, E’ l’unica soluzione possibile..Sono una persona felice e lodo
questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore1942, l’ennesimo anno di guerra”.
“ Secondo la radio inglese, dall’Aprile scorso (1941) sono morti 700.000 Ebrei, in Germania e
nei territori occupati. Se rimarremo vivi, queste saranno altrettante ferite che dovremo portarci
dentro per sempre. Eppure non riesco trovare assurda la vita. E Dio non è nemmeno
responsabile verso di noi per le assurdità che noi stessi commettiamo: i responsabili siamo noi!
Sono già mille volte in mille campi di concentramento. So tutto quanto e non mi preoccupo più per le notizie future: in un modo o nell’altro, so già tutto. Eppure trovo questa vita bella e ricca
di significato. Ogni minuto”.